Sul vocabolario Treccani non esiste la voce dedicata al significato della parola “hype”. Da una rapida ricerca non sembra che il termine sia stato riconosciuto neanche dall’Accademia della Crusca, che spesso è attenta ai neologismi o agli inglesismi che diventano di uso comune nella lingua italiana. Eppure non c’è un videogiocatore, a patto di non essere quelli che un po’ offensivamente vengono definiti casual, che non abbia sperimentato almeno una volta nella vita gli effetti di un profondo, sano, totalizzante hype.
Il termine viene preso dall’inglese informale e utilizzato nella sua accezione di eccitazione, attesa spasmodica. Lo scomodiamo ogni qual volta viene annunciato un gioco che ci fa particolarmente gola, il seguito di un titolo che ha fatto storia, la trasposizione videoludica o il remake che aspettavamo da una vita, ma anche una nuova console o la versione migliorata di una già esistente. L’anno appena trascorso è stato un anno di forte hype: da The Last of Us Parte II a Ghost of Tsushima, da Cyberpunk 2077 (!) a Final Fantasy VII Remake, senza contare l’annuncio dell’uscita di PlayStation 5. Quanti di noi hanno sognato il momento in cui avrebbero messo mano al prossimo blockbuster, hanno consumato il tasto F5 sui thread dei forum che segnalavano rotture del Day one di un titolo e hanno attivato qualunque tipo di notifica per non perdere la possibilità di prenotare con largo anticipo il prossimo oggetto dei desideri?
Il meccanismo dell’hype è largamente sfruttato nel mondo dei videogiochi
I publisher sono ben consapevoli che un trailer ben confezionato e una serie di informazioni calibrate ad hoc possono fare la differenza, conquistando preordini e garantendosi acquisti al Day one a prezzo pieno. Da una parte c’è un mercato che è conscio della rapida svalutazione dei giochi e delle compravendite di usato, dall’altro ci sono migliaia di utenti che letteralmente non possono aspettare. Acquistare un titolo con qualche mese di ritardo, approfittando di un prezzo più conveniente, di patch correttive e in alcuni casi anche di edizioni complete di DLC non è paragonabile al piacere di essere tra i primi a giocarlo e di poterne parlare sui social proprio mentre è l’argomento che fa tendenza.
In questi mesi stiamo però assistendo a un fenomeno inedito. Per la prima volta, moltissime vittime dell’hype sono costrette a fare ciò che non è mai riuscito loro: aspettare. La pandemia mondiale, gli scarsi approvvigionamenti da parte dei fornitori di componenti e forse alcune scelte non ottimali da parte di Sony hanno fatto in modo che PlayStation 5 sia introvabile in tutto il mondo. Dopo un piazzamento iniziale di tre/quattro milioni di console, stando ai dati finora disponibili, tutti gli altri sono rimasti a bocca asciutta. Non c’è meccanismo consolidato che tenga: prenotazioni, proposte indecenti al negozietto sotto casa, siti di dubbia natura negli angoli più oscuri del web non possono fare in modo che compaia dal nulla una console che, materialmente, non c’è.
Di fronte a una tale tragedia, i più accaniti videogiocatori, i più indefessi aficionados del Day one e della novità a tutti i costi si trovano spiazzati. Non c’è da vergognarsi per questo: una passione, quando è vissuta con intensità ma in modo sano, porta a eccessi che sono tollerabili e fanno sorridere. Così come alcune scene a cui si assiste in giro per il mondo, o i numerosi commenti ironici sui social con cui si esorcizza il disappunto per non avere ancora accesso alla next-gen, anche trovarsi a mangiarsi le unghie mentre si naviga su qualunque sito eCommerce esistente alla ricerca di nuove scorte non è qualcosa di sbagliato in sè. Sbagliato, però, è non pensare che questo problema momentaneo possa trasformarsi in una ghiotta opportunità.
Oh my God!!!! ヨドバシps5 pic.twitter.com/v2ilIadbFk
— Dave Gibson ⠿🗼 (@AJapaneseDream) January 30, 2021
Inutile negarlo: in qualche modo, siamo tutti vittime della pubblicità. La quale decide che cosa deve diventare famoso, desiderabile e irrinunciabile a suon di milioni spesi per campagne di marketing penetranti. Anche i più attenti di noi restano così inevitabilmente accecati da fari potentissimi che ci rendono impossibile discernere tutto un mondo che sta intorno ai grandi tripla A e alle piccole perle decantate dalla critica e che riescono a emergere dalla melma del mondo indie. La conseguenza è che ci perdiamo un intero universo di proposte videoludiche cosiddette minori, che potrebbero nascondere l’esperienza capace di toccarci nel profondo dell’animo, il gameplay innovativo e irresistibile che cercavamo da tempo, l’immediatezza e la gioia che i colossal del videogioco ci precludono o l’abilità narrativa che i blockbuster non riescono a garantire.
Il bello è che molti di noi hanno tutto questo proprio sotto al naso, sotto forma di un backlog di dimensioni spropositate del quale ci si vanta sotto ai commenti dei meme su Facebook. Come con la classica montagna di panni asciutti da stirare, preferiamo rimandare e non ci rendiamo conto di tralasciare a tempo indeterminato quella libreria potenzialmente esplosiva per spendere tempo e denaro dietro alla nuova produzione mastodontica dal gameplay copia-incollato. Precisiamolo subito: qui non si cerca di fare gli intellettuali del videogioco e di denigrare le meravigliose opere tripla A a vantaggio del settore indie. Quello che cerchiamo di dire è che la realtà è molto più complessa e variegata di ciò che la frenesia del mercato e della pubblicità sembrano suggerire.
Ecco allora che l’impossibilità di trovare PlayStation 5 nei negozi – il discorso si applica allo stesso modo a Xbox, anche se lì il problema sembra meno evidente – diventa l’opportunità per tutti gli appassionati di estendere i propri orizzonti. Che si tratti di esplorare la selva oscura del backlog e sfoltirne i rami, di navigare nelle pagine più remote del PlayStation Store e nei cestoni delle offerte dei negozi o di recuperare alcune proposte secondarie dei regali PlayStation Plus riscattate e mai installate, assaggiare gusti nuovi è il modo migliore per ottimizzare l’attesa di PlayStation 5.
Una risorsa perfetta in tal senso è rappresentata dal vasto e vantaggioso catalogo del PlayStation Now. Tra titoli delle generazioni passate e nuove aggiunte mensili, scoprire mondi, personaggi e meccaniche di gioco di cui ignoravamo l’esistenza o da cui stavamo alla larga per pregiudizio o mancanza di tempo non è più impossibile. Ci spingiamo oltre: recuperare giochi di primo piano e rigiocarli a mente fredda, lontani dall’hype di cui parlavamo e dal tam tam mediatico del periodo di uscita, potrebbe farceli riscoprire sotto luci nuove. God of War è ancora un capolavoro nel 2021? Death Stranding è effettivamente un gioco/barzelletta in cui si cammina e basta? Horizon Zero Dawn è tanto buono da farci attendere con ansia il suo seguito?
Questo ragionamento potrebbe far pensare alla classica reazione della volpe di fronte all’uva troppo alta da raggiungere. In realtà, avere il tempo di estendere la propria cultura videoludica scoprendo giochi “piccoli” è un’occasione unica. Non che indie sia sinonimo di alta qualità, ma restare delusi fa parte del meccanismo di comprensione di che cosa un videogioco debba essere, di quali strade si possano intraprendere in futuro e soprattutto di quali sfaccettature e sfumature abbiano i nostri gusti videoludici. È un modo, insomma, per definire meglio il tipo di giocatore che siamo, per calibrare meglio i nostri acquisti futuri e per ottenere il massimo dall’oggetto della nostra passione.
La speranza di tutti è che la situazione commerciale e soprattutto quella sanitaria tornino presto alla normalità.
Che sia tra qualche mese o a fine anno, PlayStation 5 arriverà finalmente nei negozi e la domanda di tutti sarà soddisfatta da una scorta adeguata. Avremo così modo di interrompere questa attesa forzata e di tornare a inseguire il gioco più spinto dalla pubblicità, con la grafica migliore e realizzato con un budget multimilionario. Forse, però, avremo anche imparato a voltare la testa, di tanto in tanto, e a buttare un occhio sotto alla superficie, alla ricerca di esperienze meravigliose ma non abbastanza forti da essere udite sopra al chiasso del gioco del momento e da essere viste dietro agli accecanti fari dell’hype.
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