Se avete letto la nostra recensione di Resident Evil 2 saprete già che il gioco ci ha soddisfatto pienamente, quali sono a nostro giudizio gli elementi positivi e quali quelli negativi della produzione, così come vi sarete fatti già un’idea su quelle che sono le analogie e le differenze sostanziali, al di là del comparto tecnologico, tra il remake e l’originale.
Perché oltre a una nuova veste grafica assolutamente fantastica c’è molto di più, a cominciare da tutti quegli elementi classici del genere, che per anni hanno fatto la fortuna di questa serie prima della svolta palesemente action degli ultimi capitoli prima di Resident Evil 7: biohazard, e che qui sono stati rivisitati in chiave moderna. Ma vediamo di entrare nel dettaglio, ovviamente entro i limiti consentiti dagli spoiler.
La prima sostanziale “differenza” tra il vecchio e il nuovo Resident Evil 2 è da ricercare nello svolgersi delle campagne di Leon e Claire: sono separate e non esiste nessuna interazione dinamica tra le due. Insomma, niente Leon scenario A e Claire scenario B, e poi Claire A e Leon B.
Si può scegliere di iniziare con uno qualsiasi dei due personaggi, in ogni caso l’ordine non modificherà niente di sostanziale o il finale, ma solo la disposizione di qualche oggetto chiave, arma o situazione, ma a conti fatti, è indifferente ai fini dell’avventura.
Poi c’è la trama. Il racconto che fa da sfondo all’avventura è, di base, lo stesso, ma presenta molte più sfumature e dettagli rispetto all’originale. Lo stesso background di eroi, antagonisti e situazioni è stato sensibilmente rivisto per dare loro un’impronta più realistica e coerente con i fatti narrati.
A volte si tratta di piccole, semplici modifiche, che però sono servite a caratterizzare meglio un elemento del racconto e a giustificarne la presenza in quel particolare momento o l’esistenza all’interno del contesto narrativo della vicenda.
Cambiando l’impostazione della storia e quindi il suo svolgersi, Capcom ha poi dovuto di conseguenza modificare la struttura delle locazioni e la disposizione di eventi, nemici e oggetti. Gli scenari sono quindi stati ridisegnati in funzione della storia, partendo dagli originali.
In tal senso gli sviluppatori hanno rifinito, ampliato e strutturato le aree di gioco in maniera tale da farle risultare più naturali nella loro conformità e resa visiva (guardate l’ingresso principale della stazione di polizia: gli elementi iconici ci sono tutti, ma ora sono presenti due larghe scalinate ai fianchi dietro al bancone della reception, e lo stile generale della hall è molto più credibile), riposizionando dove serviva la presenza o meno delle creature e delle sequenze iconiche del gioco del 1998.
Diventa difficile spiegare meglio la questione senza evitare di spoilerare qualcosa: diciamo che là dove prima una certa sequenza era vissuta dal giocatore come semplice spettatore, adesso è possibile giocarla, oppure “in quel punto” dove nel gioco originale si incontrava un determinato personaggio, ora se ne trova un altro oppure non accade nulla (e lo stesso lo si incrocia magari più avanti nella storia e in circostanze analoghe, ma riviste e adattate al diverso svolgersi della trama). Per non parlare di Ada e Sherry, le cui fasi di gioco sono state ridefinite con l’aggiunta di due brevi sezioni ad hoc, una delle quali, l’orfanatrofio, offre una zona totalmente inedita.
Per esplorare bene le “nuove” locazioni e rendere più moderna la giocabilità, Capcom ha cambiato l’inquadratura in favore di una visuale in terza persona. L’impostazione della telecamera non è più fissa con la figura 3D del personaggio a muoversi sui fondali pre-renderizzati, ma si trova posizionata sopra le spalle dei protagonisti, come in Resident Evil 4. A seconda delle situazioni cambia in automatico rapidamente seguendo la scena, di solito in caso di aggressioni ravvicinate, e può essere spostata più vicino alla spalla quando si mira.
Anche il sistema di controllo, dal canto suo, è simile a quello di altri giochi d’avventura moderni e di altri sparatutto d’azione in terza persona, quindi senza meccaniche che impediscono di sparare e muoversi contemporaneamente. Con le levette analogiche si controllano personaggio e telecamera, coi dorsali si punta e si spara, coi pulsanti frontali si interagisce con l’ambiente, e così via.
Questo oltre a rendere più piacevole giocare aiuta molto, specie nei combattimenti contro i boss. Questi ultimi in certi casi sono simili concettualmente, ma meglio articolati e strutturati rispetto al Resident Evil 2 di PlayStation. In generale offrono un livello di sfida a mio parere superiore, visto che richiedono una maggiore attenzione per i dettagli quali i movimenti dell’avversario, i suoi punti deboli, oltre a una certa strategia. In definitiva, non basta sparare a raffica una caterva di esplosivi per venirne a capo.
I comandi sono quindi buoni e reattivi, compreso il sistema di puntamento. Questi può essere del tutto automatico, anche se sconsiglio quest’ultima opzione perché così il personaggio tende a mirare quasi sempre al petto o alla testa, cosa che può rivelarsi un problema davanti a un elevato numero di nemici visto che invece potrebbe risultare più utile colpire le gambe di quelli in prima fila per spezzarle e rallentare il gruppo.
Inoltre punta al bersaglio più vicino, e talvolta chi sta dietro al primo aumenta l’incedere verso il nostro personaggio sorprenderlo mentre spara l’ultimo colpo all’altro. A proposito di avversari e combattimento, la corsa verso una stanza sicura dove rifugiarsi, come preziosa alleata, in questo remake non è sempre funzionale. I nemici stavolta aprono o sfondano spesso le porte, non lasciando in pace i personaggi.
Anche qui Capcom ha quindi introdotto alcune nuove opzioni riprese da altri capitoli della serie, come per esempio le armi secondarie per liberarsi dagli abbracci poco affettuosi di certe creature, una caratteristica presente in Resident Evil per GameCube, e la capacità di creare barricate provvisorie per bloccarle o rallentarle, raccogliendo delle assi da fissare poi per esempio alle finestre.
Un maggior realismo nella costruzione delle aree di gioco, così come il cambio di telecamera hanno implicato ovviamente una rielaborazione anche di altre meccaniche di gioco, oltre che di quelle relative al combattimento. Gli enigmi sono per esempio più sensati e gli indizi utili a sbloccarli non costringono a rimanere troppo tempo fermi nel tentativo di capire cosa vogliano significare, né impongono un backtracking continuo verso i bauli dove sono depositati certi oggetti utili per essere risolti.
Da questo punto di vista molto utile si rivela anche la possibilità di poter ampliare il numero di elementi da portarsi dietro nel proprio inventario, grazie alla presenza di borselli più ampi da ritrovare ed equipaggiare. Tuttavia, come nell’originale, per ottenere spazio si può sempre ricorrere quando possibile alla combinazione di oggetti per ottenerne altri e liberare una casella: è il caso delle classiche erbette curative, da mischiare per ottenere una polvere che a seconda del tipo di pianta usata cambia i suoi effetti curativi sui personaggi, ma anche dei proiettili, stavolta anche fabbricabili, e delle armi, modificabili e dunque potenziabili con appositi accessori.
Il resto, inutile forse sottolinearlo, lo fanno il RE Engine e la fantasia degli sviluppatori di Capcom, bravi a sfruttarne la potenza per ricreare un mondo credibile e spaventoso, “giocando” con i giochi di luce e ombra, col buio e con i suoni, che hanno anche una loro funzione nelle meccaniche di gioco, visto che i nemici reagiscono proprio al rumore, come i terrificanti Lickers, ciechi ma dall’udito sopraffino. E non mancando d inserire anche qualche citazione, come quella che potete vedere in calce.