Dying Light 2, i ritardi sono legati a un ambiente di lavoro tossico

Un report fa luce su una situazione molto difficile

Notizia di Jury Livorati

Come tutti sapete, l’annuncio di Dying Light 2 da parte di Techland risale ormai al lontano 2018. Il gioco era previsto per la primavera 2020, ma come molti altri ha subito un rinvio indefinito che, a un anno da quella finestra di lancio, non ci ha ancora fornito una data precisa. Stando a un report del sito TheGamer, però, dietro al ritardo non c’è solo il Covid o la volontà di perfezionare il titolo, ma una situazione molto difficile a livello di studio di sviluppo.

Secondo alcune delle fonti intervistate, Techland sarebbe colpevole di “una gestione autocratica, una scarsa pianificazione e una cultura del lavoro tossica”. Il tutto partirebbe dalle alte sfere, con gli amministratori che avrebbero un’influenza negativa sul morale e sulla produttività degli impiegati. Di qui una delle cause dei tempi lunghi che accompagnano lo sviluppo di Dying Light 2.

Negli ultimi due mesi almeno venti dipendenti si sono licenziati da Techland. Tra i motivi ci sono contrasti con i responsabili dello studio, tra cui il CEO Pawel Marchewka, che si opporrebbero costantemente alle proposte degli sviluppatori veterani. “Ogni volta che un esperto segnala ritardi o differenze rispetto all’agenda dei lavori viene lentamente allontanato da progetti e responsabilità”, dice un ex dipendente. “Il che li porta a dimettersi o a essere licenziati. Per fare carriera in Techland bisogna essere asserviti.” Persino l’ex game director di Ubisoft Marc Albinet, assunto per rivedere i processi interni dello studio, non è riuscito a fare valere le proprie idee di fronte al management.

Le defaillance e i ritardi avrebbero portato a riscrivere la trama di Dying Light 2 qualcosa come sei volte. Nessuno, in poche parole, ha una chiara idea di come sarà il gioco finito. Ci sono poi molti altri aspetti negativi che vengono toccati dal report, consultabile per intero sul sito TheGamer. C’è anche un intervento di risposta del CEO Marchewka, che liquida la questione licenziamenti giustificandoli con la volontà dei dipendenti di intraprendere nuove sfide e con la loro incapacità di sopportare lo stress dello sviluppo del gioco.

Le notizie non sono buone e in questi casi a soffrirne è il prodotto finito. Speriamo che si trovi una soluzione per i dipendenti, a patto che le accuse siano vere, e che Dying Light 2 possa arrivare sulle nostre piattaforme di gioco con tutte le caratteristiche promesse.

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