Apex Legends & Co.: Free to play kill videogame stars?

Editoriale di Francesco Pagano

Non vorrei fai il giocatore matusalemme che racconta di eoni fa e guarda al mondo contemporaneo con sdegno e criticismo. Mi piace provare un po’ tutto senza preconcetti, sia dal passato più remoto che dalle ultime tendenze del momento. Salto senza troppa paura da un Hollow Night vecchia scuola (che consiglio a tutti) ad un Apex Legends proiettato nel presente. Ed proprio giocando con una certa costanza a quest’ultimo titolo di Respawn Entertainment pubblicato da Electronic Arts e con un pregresso in altri titoli similari che mi è balenata nella mente una proiezione sul futuro di questa industria. I Free-to-play prendono il sopravvento spedendo le stelle storiche dei videogiochi nel dimenticatoio.

Non siamo ancora arrivati a questo, ma la strada sembra andare in quella direzione. I vari Fortnite, League of Legends, Paladins, Warframe, Hearthstone non solo sono giocati da tutti, ma anche seguiti con assiduità sui canali di streaming da un cospicuo numero di utenti. Numeri elevatissimi di visualizzazioni che fanno impressione se paragonati a quelli realizzati da altre produzioni “a pagamento”. Numeri che hanno permesso a molti streamer di fare la propria fortuna grazie ad essi. Ed esiste una grande differenziazione di produzioni ad accesso gratuito che passa dai MOBA, agli shooter, agli RPG. Ce ne è per tutti i gusti.

Che fine farà la narrazione?

La fortuna di questi titoli risiede in tre fattori fondamentali: essere gratuiti e quindi giocabili da chiunque compresi quelli che non possono permettersi di fare troppi acquisti; sono sempre aggiornati nel tempo con nuovi contenuti per tenerti vivi; quasi tutti hanno una componente competitiva che è sfociata in molti casi negli e-sport o in competizioni similari. Si può dire che perfino l’attuale popolarità delle competizione esportive ha trovato giovamento nelle più popolari produzioni gratuite. Un gioco a disposizione di tutti fa sentire tutti dei possibili campioni che ci vogliono almeno provare.

Tutto molto bello, tutto a favore della popolarità dei videogiochi. Tuttavia questi free-to-play mettono al centro il giocatore ponendo inevitabilmente in secondo piano le storie, il climax narrativo e l’empatia con i personaggi. Spesso sono dei contenitori vuoti fatti che ripropongono similari schemi di gioco in una battaglia alla ricerca della migliore formula di gameplay. I giochi free-to-play sono dei contenitori di giocatori, scatole semivuote da riempire con gli utenti. Sono regali senza un apparente costo (alle microtransazioni ci arriveremo tra poco) che devono sempre promuovere sé stessi per restare di moda e non cadere nel dimenticatoio.

In questi giochi non esiste un reale end game e i personaggi sono incasellati in categorie e senza vicende che permettano di affezionarsi ad essi. Il sistema di ricompense è con mini obiettivi progressivi, ma senza mete finali. Se queste caratteristiche diventeranno la consuetudine del mondo videoludico potrebbero sparire presto i brand storici e i loro grandi protagonisti. Del resto un gioco gratis fa più gola e trova più pubblico, ma rischia di valorizzare più la bravura di marketing che la capacità di game desing e di sceneggiatura. Le software house saranno costrette a cambiare indirizzo dei loro prodotti per far quadrare il bilancio. O forse l’hanno già fatto. EA prima di Apex Legends stava vivendo un periodo finanziario difficile, ma con questa produzione uscita fuori quasi dal nulla, che emula per molte meccaniche gli altri battle royale, Electronic Arts è riuscita a risollevarsi con una velocità incredibile.

La mia è solo un’ipotesi ma si tratta di un processo non del tutto utopistico. Nel corso delle generazioni le mode sono cambiate e alcuni generi di giochi sono finiti nel dimenticatoio. Le avventure grafiche sono la più sensibile dimostrazione del percorso ondulatorio di virata del gusto dei videogiochi. Qui però non si rischia di vedere sparire un genere ma un intero modo di concepire i videogiochi. Si rischia di perdere il fattore emozionale del videogioco per lasciare unicamente la frustrazione di una sconfitta e soddisfazione di una vittoria.

Le microtransazioni sono il male?

E arriviamo al nodo cruciale delle microtransazioni, il vero motore con cui si finanziano questi giochi. Non si tratta di un cancro da estirpare perché non è del tutto negativo essendo opzionale, ma la grande problematica risiede nella loro propensione a diventare una specie di droga che fa spendere, in certi casi, più di un gioco completo. E per avere cosa poi? Skin, più esperienza, qualche gadget celebrativo e accesso alla parta più avanzata dei giochi. Perfino nella mia, neanche tanto breve, parentesi Fortnite non sono riuscito a concepire quale interesse ci fosse nel entrare nel pericoloso circolo del Pass Battaglia. Un cerchio che si racchiude in pago per il pass – gioco tanto (forse troppo) per non pagare – se non riesco pago di nuovo il pass. Spesso dietro la parola gratuito, si nasconde un pericoloso specchietto per le allodole che colpisce soprattutto i giocatori più giovani che non comprendono ancora il valore reale del denaro. Pagare per giocare è un’arma pericolosa alla quale i giocatori di oggi non sono ancora abituati né istruiti. Se pensiamo come perfino Nintendo si stia adattando al concetto di fre-to-play da sovvenzionare con le microtransazioni (Pokémon GO in testa) fa paura il processo di sviluppo futuro.

Tornando alla mia immagine futuristica, in tutto questo possibile percorso di modifica delle fondamenta del medium videoludico, si rischierebbe una corsa infinita per mantenere un gioco in vita o alla creazione di un sostituto nel breve periodo. Una battaglia all’ultima esclusiva, all’ultimo streamer, all’ultima campagna di marketing. Ci si dimentica facilmente di un gioco gratuito e se ne trovano subito altri cinque che lo sostituiscono. Forse parlo da vecchio giocatore, da utente che vuole essere il protagonista di grandi storie oltre che di grandi prestazioni multigiocatore. Voglio giochi da finire e mettere in un cassetto e non solo esperienze online che si sovrappongono nel tempo nei miei momenti di gioco.Voglio innamorarmi del percorso narrativo e non sentirmi schiavo di un gioco e dei suoi costi opzionali potenzialmente infiniti.

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