Videogiochi che combattono l’odio

Spoiler: in questo articolo non troverete un briciolo di frustrazione confezionata, solo emozioni bio.

Editoriale di Antonio Stephan's Di Stefano

Quarantatré gradi all’ombra, tisana ghiacciata all’equiseto sul tavolo e sospiri scoraggiati. Il tradizionale scrolling sui social diventa giorno dopo giorno sempre più avvilente, indipendentemente dal trend di giornata; il filo conduttore che unisce la fantastica società globalizzata è l’odio. Che tu sia Karola Rackete, un omosessuale, un protestante praticante o persino un consolaro/pcista, sarai simpaticamente arruolato a tua insaputa a gareggiare nella corsa a chi è odiato di più, per essere usato e dimenticato alla stessa velocità di una canzone dell’estate. Tra gente che si scrive insulti vomitati con dubbia ortografia, sentiamo il bisogno di regalarvi qualche ora attraverso mondi che vi faranno ricordare che c’è molto altro a parte un mare di odio di plastica. Vi consigliamo alcuni videogiochi che trasmettono dei valori vitali, da non dimenticare neanche quando tra un insulto e l’altro vi ritroverete invischiati a difendervi dagli indici puntati dai cicalatori professionisti.

Life is Strange – Amicizia

Come sempre, come ovunque, come noi. (N.Fabi)

Al tempo dei social ci si rende conto che l’utilizzo della parola amicizia risulta piuttosto abusato, se non perfino sbagliato. Dontnod Entertainment viene incontro a tutti coloro che sentono il bisogno di seguire un percorso introspettivo alla ricerca del significato di questo tipo di rapporto. I rapporti sono come nuvole, si separano e riuniscono recita Niccolò Fabi in un suo famoso testo, ebbene il rapporto tra Max e Chloe non fa altro che approfondire all’inverosimile questo aforisma, da persone che a malapena si tollerano, arrivano ad intrecciare le loro vite su più livelli di profondità, fino a mescolarne le carte attraverso i molteplici avvenimenti catastrofici che coinvolgono direttamente i poteri di Max. Il team di sviluppo pone talmente tanta enfasi sul concetto di amicizia intesa come coesione trascendentale da far rincontrare le due protagoniste anche in dimensioni parallele, dove finiscono con sollecitudine a ristabilire i legami creatisi nella linea temporale principale.

La metafora dell’amicizia raggiungere il culmine nei momenti finali dell’avventura, dove sarà il giocatore stesso –  messo alla prova degli sviluppatori con la scelta finale – a capire il valore di un rapporto; sacrificando l’amicizia tra le due ragazze salveremo Arcadia Bay concludendo l’arco narrativo, ma il vuoto che verrà lasciato dall’assenza di Chloe rappresenta il fulcro del videogioco, nonché del messaggio che lo sviluppatore ha voluto comunicare.

The Witness – Miglioramento

Parlare di The Witness è tanto difficile quanto appagante. L’esperienza messa in atto da Jonathan Blow è una delle più belle, ampie e profonde dimostrazioni di caparbietà del videogioco inteso come mezzo di espressione. Abbiamo scelto di utilizzare The Witness come videogioco che combatte l’odio a causa delle molteplici chiavi di lettura che lo sviluppatore ha voluto racchiudere nella sua opera. La continua ricerca del giocatore alla scoperta di nuove meccaniche – che lo conducono alla rivelazione e risoluzione dei rompicapi – garantisce al giocatore una sensazione di crescita emotiva e culturale continua; è una metafora che può essere accudita per essere utilizzata svariate ore dopo aver passato il tempo su un isola che rivelerà non solo straordinari colpi di scena metanarrativi, ma anche un viaggio di miglioramento interiore in grado di fare a brandelli il punto di vista iniziale rispetto a voi stessi e all’ambiente che vi circonda.

Una delle chiavi di lettura di The Witness sta nel miglioramento di se stessi in relazione allo spirito di osservazione che determina la realtà che ci circonda, da qui l’abbattimento di pregiudizi e sovrastrutture ideologiche, le quali se ampliate sono pedissequamente applicabili anche alle relazioni interpersonali. Poi il relativo abbattimento dell’odio, un sentimento non avente spazio laddove risiede una mente capace di analizzare e discutere con cognizione di causa sugli argomenti, senza pregiudicare l’opinione dell’interlocutore, indipendentemente dal suo punto di vista. The Witness è stato per me un grandissimo punto di svolta non solo per un nuovo metodo di approccio alla fruizione del videogioco, ma una luminosa mano protesa alla scoperta della realtà che mi circonda, stravolgendone ai miei occhi la sua immagine.

Bury me, my love – Accoglienza

Tradotto in italiano con Se mi ami, non morire, Bury me, my love racconta le vicende di Nour, una donna che sta scappando dalla Siria verso l’Europa, e Madj, il marito che verrà impersonato dal giocatore per tutto il corso dell’avventura. Si tratta essenzialmente di un’avventura testuale, in cui dovremo comunicare con la protagonista attraverso i messaggi mandati dallo smartphone, unico mezzo di comunicazione che i due riescono ad utilizzare, riuscendo sin dai primi attimi a far immedesimare il giocatore in maniera quasi incredibilmente naturale. In sostanza avremo in mano il destino della compagna di Madj nel tentativo di darle consigli lungo il suo viaggio, che potrà quindi concludersi con diversi epiloghi. Il grande merito degli sviluppatori risiede nell’avere posto molta attenzione nel simulare un rapporto a distanza tra due amanti, sia nella tipologia di messaggi, sia addirittura nella tempistica di risposta tra i due interlocutori. Vi troverete spesso ad empatizzare in maniera molto marcata con il carattere del marito nel momento in cui Nour dovrà attraversare delle città particolarmente devastate della guerra, dovendo alcune volte prendere scelte difficili.

L’attualità del tema trattato catapulta il giocatore in un viaggio fatto di realtà spietata, dove a dominare i nostri animi è spesso l’incapacità di poter avere dominio assoluto degli eventi; nulla può la nostra volontà davanti al corpo esanime di un bambino vittima dei bombardamenti lasciato in giro come un oggetto, o persino l’incapacità di fornire aiuto a famiglie bisognose di viveri essenziali.
Non sono mai stato tanto attaccato alla vita diceva Ungaretti in Veglia – tra i suoi testi maggiori per celebrità – , e questa del poeta alessandrino è probabilmente una delle frasi che più spesso resterà impressa nelle vostre menti, facendovi toccare (quasi) con mano le atrocità della guerra, mettendovi in prima persona davanti ad una realtà che troppo spesso ignoriamo, senza porci alcun tipo di problema etico, finendo per nasconderci dietro uno schermo che ha il compito di farci abbassare soltanto lo sguardo. Bury me, my love basta da solo per farvi sentire delle persone più attente, mettendovi davanti a questioni morali non possibili da risolvere con semplici sillogismi ingenui.

Ci sono 6 commenti

Emanuele Vanossi

ottimo articolo! è sempre un piacere giocare titoli che non mettono la violenza in primo piano. per gusto personale aggiungerei alla lista anche Journey, una perla ricca di emozioni

akmur

Ottimo articolo, complimenti davvero.

MaryEn

Dopotutto che si parli di videogiochi, o film, o libri, l’intento è trasmettere un certo messaggio, quindi perché non uno positivo?

    anto1706

    Esattamente, il potere dei creativi è immenso, creare dei messaggi positivi è di certo utile anche a livello sociale oltre che al puro intrattenimento 🙂

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