God of War raccontato da Cory Barlog

Cosa fa veramente un game director?

Speciale di gmg215

Durante la GDC (Game Developers Conference) tenuta a San Francisco lo scorso marzo, Cory Barlog, game director di God of War, ha fornito interessanti dettagli sul concepimento e la realizzazione del GOTY 2018 (Game Of The Year).

Reinventing God of War” (“Reinventare God of War”), questo è il titolo della presentazione nella quale Barlog ha intrattenuto il pubblico attraverso un’analisi retrospettiva sulla produzione del gioco raccontata con umorismo e sentimento. I punti salienti della discussione non solamente contestualizzano alcune scelte strategiche che ci hanno consegnato uno dei migliori giochi action/adventure degli ultimi anni, ma servono anche a cristallizzare la spesso nebulosa figura del game director.

Nel giugno del 2013, Cory Barlog era appena rientrato a Santa Monica Studio dopo l’esperienza maturata presso Crystal Dynamics al lavoro sul reboot di Tomb Raider. Nell’ipotizzare una nuova entrata nella saga storica di God of War si evinceva fin da subito l’esigenza di introdurre delle pesanti novità in uno scheletro di gioco che sentiva il peso degli anni e delle iterazioni. In questo stato embrionale emerse una convinzione inamovibile che sarebbe stata alla base del nuovo gioco: ripartire da Kratos.

Kratos doveva essere reinventato

Fino ad allora confinato nello stereotipo di dio violento ed arrabbiato, il protagonista non aveva mai beneficiato di una reale evoluzione nei precedenti capitoli, tuttavia, all’inizio del nuovo God of War, egli sarebbe stato alla ricerca di un nuovo inizio. Il giocatore, naturalmente, lo avrebbe accompagnato in ogni passo di questo complicato viaggio interiore in cui il “mostro” che da sempre risiede in Kratos avrebbe lottato contro una coscienza nuova. In tal senso, Barlog traccia un parallelo con la figura di Hulk/Bruce Banner.

L’ambizione di creare una figura complessa sarebbe stata bilanciata da una premessa narrativa piuttosto semplice, ovvero compiere un viaggio verso la montagna più alta per spargere al vento le ceneri della compagna. Non sarebbe però stato un percorso solitario, bensì la crescita di Kratos sarebbe stata esemplificata dall’evoluzione del suo rapporto col figlio Atreus, secondo il copione imposto proprio nel 2013 da The Last Of Us. Quest’ultimo fornisce un’ispirazione anche in un altro aspetto molto importante, ossia l’infusione del gameplay con la narrativa. In God of War la storia non avanza solamente nei filmati di intermezzo: sono altresì rilevanti piccoli gesti quali Kratos che chiede ad Atreus di leggere un’incisione, esattamente come Joel chiedeva ad Ellie di passargli la scala per scavalcare un muro.

Il rapporto padre-figlio, il combattimento e l’esplorazione sono i catalizzatori della crescita di Kratos

I pilastri su cui Barlog intendeva costruire il gioco erano dunque i seguenti: mantenere il divertimento assicurato dall’azione frenetica dei vecchi capitoli in modo tale da sfruttare a pieno le competenze tecnico-artistiche del team di sviluppo, definire un combattimento più intimo in cui ogni colpo è importante, creare un’ambientazione immersiva ed interattiva, infondere la narrativa ad ogni aspetto del gioco, dare forti connotazioni mitologiche al mondo e, infine, mantenere un tono semplice ed onesto. Questa è la ricetta presentata da Barlog al presidente Sony Yoshida nel lontano 2014. In estrema sintesi, il rapporto padre-figlio, il combattimento e l’esplorazione sarebbero stati i catalizzatori della crescita di Kratos ed il gioco sarebbe stato costruito attorno a questa semplice idea.

Barlog procede dunque a raccontare la propria esperienza di game director coinvolto in un progetto dalle elevate aspettativi e dagli altrettanto elevati rischi: svecchiare un franchise storico comporta lo scrutinio dei molti dirigenti Sony, i quali sono generalmente restii a cambiamenti radicali di formule già vincenti. Pertanto, al fine di continuare a foraggiare il proprio progetto, Barlog deve “vendere” in maniera efficace la sua idea del nuovo God of War. Vendere è dunque un’abilità essenziale per ogni game director. Come pure lo è dubitare, infatti la materia in discussione altro non è che un gioco che ancora non esiste e, come tale, deve essere testato a fondo. Un’idea salda e brillante come quella del nuovo Kratos deve essere difesa da chi l’ha partorita, tuttavia uno spirito critico intransigente deve fare il proprio lavoro nel momento in cui questa non si tramuta in un gioco godibile e divertente. Il team di sviluppo guidato da Cory Barlog produce dei prototipi delle possibili meccaniche di gioco. Alcune peculiarità, quali le modalità di utilizzo dell’ascia Leviatano, vengono concepite dai game designer come conseguenze delle direttive citate poc’anzi: ad esempio, la pesantezza dell’arma e la fatica mostrata dal protagonista nel brandirla contribuiscono a creare degli scontri intensi e, appunto, intimi.

Ogni game director deve vendere e dubitare, spesso contemporaneamente

Il momento in cui un gioco viene annunciato alla stampa ed al grande pubblico rappresenta un punto di non ritorno ineluttabile per qualunque produzione. Essendo lo sviluppo ancora in pieno svolgimento, come è normale che sia, ciò che viene rivelato è una solamente piccola porzione di gioco in divenire, in cui ogni elemento è provvisorio. Tuttavia, quanto mostrato deve essere funzionale al messaggio da perpetrare, ovvero il reset di Kratos e di God of War. Per decisione di Sony, il momento fatidico è l’E3 del 2016, durante il quale il gioco, oltre ad essere ufficialmente annunciato, sarebbe stato mostrato con una demo giocata in live da Barlog stesso. Tra i passaggi più divertenti della conferenza GDC vi sono aneddoti sulla genesi della suddetta demo: svariate iterazioni sono necessarie prima della versione definitiva (la quale avrebbe poi riscosso un grande consenso durante la fiera, aprendo di fatto la via per il successo del gioco stesso). Risulta interessante notare come in questa fase fossero gli sviluppatori a dettare a Barlog le cose da fare durante la demo in modo da mettere in mostra determinati aspetti del gioco. Lo stress di giocare dal vivo ad una build ancora provvisoria ed instabile dal punto di vista tecnico viene altresì ricordato dall’oratore con molta ironia, come pure divertente è l’incontro trafelato dietro le quinte con Hideo Kojima ed il suo staff intenti a mangiare puzzolente cibo da take-away (guardatevi la conferenza per credere!).

God of War viene rivelato all’E3 del 2016 con una demo giocata in live

Sappiamo tutti come è andata a finire: God of War è stata una delle più grandi sorprese  degli ultimi anni. Tutti i pilastri inizialmente concepiti sulla carta da Barlog si sono tradotti alla perfezione in vari aspetti del gioco. Il caso più clamoroso è rappresentato dalla continuità voluta fra filmati e gameplay, la quale ha generato lo stile cinematografico senza tagli. Di fatto God of War è incredibilmente un lunghissimo piano sequenza.

Tutti i pilastri concepiti sulla carta da Barlog si sono tradotti alla perfezione in aspetti del gioco

La presentazione “Reinventing God of War” rappresenta dunque un brillante dietro alle quinte sulla genesi di un titolo tripla A ambizioso e rischioso, in cui il game director è allo stesso tempo venditore e dubitatore delle sue stesse idee. La visione della della suddetta conferenza è caldamente consigliata (purtroppo non sono disponibili sottotitoli in italiano): il link al video è qui.

Ci sono 6 commenti

FitzGeralt_of_Panormus

Bell’articolo su un titolo bellissimo che si merita appieno tutti i suoi premi; infatti, è il mio terzo gioco preferito per PS4 (e terzo di questa generazione).
Non sono mai stato un NuovoGameplayDiGodOfWar-scettico, anzi, a causa della mia curiosità ho visto di buon occhio il cambio di prospettiva.
Tra l’altro, sarà che essendo diventato padre da pochi anni, mi è piaciuto il ruolo dato a Kratos ed il viaggio intrapeso col figlio.
Bello Bello Bello

leo1585
leo1585 "Master of the Universe"
NiubboGameplay Café è il mio ritualeChiacchierone!Guardone!E3 2019 Special!Junior
20 Maggio 2019 alle 20:57

Barlog ha sostanzialmente fatto un “all-in” rischiosissimo. Il coraggio che ha avuto non è comune, soprattutto considerando quanto GOW fosse (e sia) un brand amato dal pubblico. Che dire, chapeau! Ottimo approfondimento come sempre da parte di Giulia!

MaryEn

Ottimo articolo davvero! Queste conferenze sono spesso importanti perché palesano le mille difficoltà insite nello sviluppo di un videogioco e magari danno qualche delucidazione sul ruolo di game designer, i cui compiti sembrano a volte confusi per tanti.
A mio parere una delle esclusive da giocare assolutamente, a prescindere dall’amore per la saga.

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