Il presunto rapporto tra videogioco, sedentarietà e obesità è, sin dagli anni settanta, un concetto con il quale noi appassionati di questo hobby dobbiamo convivere. Ci sforziamo di spiegare che non è proprio così, cerchiamo di dare il buon esempio, discutiamo con chi, facilmente, utilizza sempre le solite argomentazioni e controbattiamo quando vediamo o leggiamo castronerie.
Alla fine della fiera, però, sono gli altri che hanno ragione, perché sono di più, perché il rapporto di cui sopra ormai è quasi un dogma, è radicato nella mente di chi non apprezza questo medium o nella mente di chi parla per parlare, cavalca il pensiero comune, ma non vuole realmente informarsi.
Fortunatamente, a differenza di queste persone che, spesso, ci giocano anche per far parlare di sé, sapendo, con piena consapevolezza, di toccare un dente scoperto, esiste la scienza e il metodo scientifico. Fior fiori di ricercatori, scienziati, laureati, figli anche degli anni ’80, avendo le conoscenze, la preparazione e i mezzi per farlo, tentano di dare una spallata a questo errato senso comune.
Sulle pagine virtuali di questa rubrica, abbiamo sin dall’inizio cercato di affrontare il problema non con un “secondo me”, che potrebbe sembrare troppo di parte, ma con un “secondo la scienza” che, magari, può far riflettere il lettore che non conosceva l’argomento. Abbiamo affrontato vari temi, abbiamo parlato di tecnologia e videogiochi applicati alla riabilitazione, al miglioramento di alcune patologie cognitive, abbiamo visto come le aziende cercano persone che abbiano sviluppato determinate capacità grazie anche al videogioco online e abbiamo potuto notare come questa continua ricerca, e cioè come il videogioco può migliorare la nostra vita, sia trasversale nel mondo scientifico, passando dagli USA all’Australia, per fare un salto anche in Europa e in Italia.
Parola alla scienza, via il pregiudizio!
Gli scienziati lo fanno sia perché la loro coerenza etica e morale prevede di fare ricerca in campi diversi e, all’apparenza, lontani fra loro, sia perché hanno quasi l’obbligo di “lottare” contro l’ignoranza diffusa ma, anche, perché è innegabile che il futuro (ma anche il presente) vedrà sempre una maggiore interazione fra utente, schermo e azione. Il videogioco, ormai, ha una interazione di tipo attivo. Abbiamo naturalmente esperienze da divano classiche ma, fortunatamente, l’interazione con i pixel a schermo è anche di tipo attivo e in mobilità. Se prima uno dei collegamenti di maggiore interesse era quello fra cervello, occhio, mano, penna e carta, ora, al posto della penna e della carta, abbiamo uno schermo, con il quale ci deve essere interazione.
Questa interazione diventa utile, non solo per quanto riguarda l’intrattenimento fine a se stesso, ma per quanto riguarda la salute e l’educazione di alcuni utenti particolari come i ragazzi e le ragazze pre adolescenziali, ancora facilmente plasmabili che hanno, come unico o maggiore interesse, il rapporto con il virtuale.
Tendenzialmente, un ragazzino è pigro. Molti fanno sport, ma tanti altri, forse molti di più, preferiscono non fare niente. Questo, associato a cattiva educazione in campo nutrizionale, cattiva alimentazione, porta ad avere tanti soggetti in sovrappeso o obesi in questa fascia di età particolare.
Partendo da questo presupposto, presso la LSU in Louisiana, a Pennington, la Dott.ssa Amanda Staiano, PhD, direttore del Pennington Biomedical’s Pediatric Obesity and Health Behavior Laboratory, con il suo team di ricerca, ha voluto mettere in relazione videogiochi, personal training, contapassi, attività fisica e miglioramenti nei valori di pressione sanguigna, colesterolo e perdita di peso.
La Dott.ssa è uno dei più importanti interpreti della materia, ha al suo attivo più di sessanta pubblicazioni e, sin dall’inizio della sua carriera post università, ha concentrato i suoi sforzi e le sue conoscenze nel campo della pediatria e della tecnologia, cercando di anticipare i tempi e avvicinare il mondo tecnologico a quelle famiglie che avevano desiderio di risolvere questa condizione di malessere dei propri figli.
Tra i suoi progetti, con protagonisti esercizi virtuali e videogiochi, troviamo “Wii Active”, un progetto di venti settimane sul controllo dell’obesità negli adolescenti afro-americani, “Klub Kinect”, un progetto di dodici settimane incentrato sull’attività fisica delle sole ragazze e “GameSquad”, quello di cui vi racconterò, patrocinato dall’American Hearth Association, della durata di ben sei mesi.
L’idea alla base di GameSquad è che i ragazzi che raggiungono un peso eccessivo e non praticano attività motoria o fisica, tendono a sviluppare i primi segni di malattie cardiache e diabete. Spesso presentano anche asma, apnea notturna e patologie ad esse associate. Statisticamente, in Louisiana, ma un po’ in tutti gli Stati Uniti, un ragazzo su tre, fra i 10 e i 17 anni, è in sovrappeso o obeso. Di conseguenza, nelle intenzioni della Dottoressa, gli exergame (videogiochi con esercizi) o i classici videogiochi possono aiutare questi soggetti a fare più attività. Il tutto viene supportato dal fatto, come detto prima, che lo schermo ormai fa parte della nostra vita e sarà sempre così. I ragazzi spendono, settimanalmente, molte ore su questi schermi, quindi, perché non utilizzarli anche per il loro benessere?
I risultati dello studio che non ti aspetteresti!
Lo studio ha preso in esame 46 ragazzi, fra i 10 e i 12 anni, in sovrappeso o obesi. Metà erano ragazze, metà ragazzi, afro-americani. Ventitré di questi adolescenti sono stati assegnati al gruppo “Gaming” e altrettanti al gruppo di controllo. I soggetti appartenenti al primo gruppo sono stati invitati a fare 60 minuti di attività fisica al giorno. Hanno, inoltre, ricevuto una Xbox 360, un Kinect e 4 giochi, tra i quali Your Shape: Fitness Evolved 2012, Just Dance 3, Disneyland Adventures e Kinect Season 2 e, sempre a questi adolescenti, è stato chiesto di giocare questi titoli a casa, con i propri familiari, per sei mesi.
Le indicazioni prevedevano di giocare per un’ora al giorno per tre giorni a settimana, indossando anche un Fitbit, per monitorare vari parametri. Alla fine della sessione giornaliera di allenamento o della sessione di gioco, il ragazzo o la ragazza e i suoi genitori si sarebbero, poi, dovuti incontrare virtualmente con un fitness coach, messo a disposizione dal team di ricerca. I facenti parte del gruppo di controllo, invece, per 6 mesi, non avrebbero dovuto fare assolutamente niente di diverso rispetto a quanto facevano normalmente. Alla fine dei 6 mesi, il gruppo “Gaming” ha completato per il 94% tutte le sessioni di allenamento e di gioco.
I risultati, alla fine, sono stati particolari: il gruppo di controllo, e cioè quei ragazzi che hanno continuato a fare la propria vita senza particolari cambiamenti, presentava un aumento della pressione sanguigna, aumento dei valori del colesterolo e un abbassamento della capacità fisica. Gli adolescenti del gruppo “Gaming” invece presentavano una riduzione del 3% di BMI (Body Mass Index), una riduzione del 7 percentile del valore del colesterolo totale, un aumento del 10% delle capacità motorie. Cosa però più importante è stato il fatto che, dopo la fine dello studio, dopo aver avuto colloqui con esperti, i ragazzi appartenenti al primo gruppo, mostravano maggiore sicurezza nel loro essere, una più spiccata personalità ed una maggiore consapevolezza di quelle che dovrebbero essere buone e salutari abitudini.
Abbiamo capito che, presi con razionalità e moderazione, i videogiochi, come quasi tutto in questo mondo, non fanno male in maniera assoluta. Lo abbiamo già specificato in altri articoli e lo ripetiamo: sempre più studi, più prove, più sperimentazioni ci mostrano che è innegabile come il videogioco abbia i suoi benefici. Fin quando l’idea di videogioco o videogiocatore rimane ancorata ad un’idea rappresentata da un ragazzo chiuso nella sua cameretta per ore e ore, che mangia cibo spazzatura, allora stiamo parlando di niente.
Se vogliamo trattare il medium con onestà intellettuale e approccio scientifico, ormai, abbiamo tanto di cui parlare e, perché no, tanto con cui difenderci.