Nelle puntate precedenti abbiamo affrontato le caratteristiche del suono tridimensionale e introdotto le principali configurazioni di un sistema home theater come alternativa ai poco performanti sistemi audio delle TV. Una buona conoscenza degli argomenti sarebbe l’ideale per proseguire nella lettura, ma vista la mole di argomenti, ecco a disposizione un rapido recap.
Il cosiddetto 3D Sound o 360° Surround è una tecnologia che permette all’ascoltatore di trovarsi all’interno di una cupola sonora, andando ben oltre il sofisticato sistema surround che opera solo su un piano orizzontale. La cosa interessante è che oltre ad essere immersi nel suono, le fonti audio possono fornire una posizione ben determinata all’interno dello spazio. Ad esempio, se nel video passa un elicottero in cielo, l’ascoltatore dovrebbe poter percepire il suono del velivolo provenire dall’alto.
I principali standard di audio tridimensionale sono il Dolby Atmos e il DTS:X, tecnologie assai simili tra loro, ma il primo ha ormai cannibalizzato il mercato. Per questa ragione, per semplicità adotteremo all’occorrenza il sistema Dolby. È bene ricordare che la tecnologia Atmos non è basata su un apposito codec, ma si tratta di un’implementazione aggiuntiva per generare suoni nello spazio e in verticalità in flussi audio Dolby Digital, Dolby Digital Plus e Dolby TRUE HD. Per questo necessita di hardware specifico, ma non implica problemi di retro compatibilità. In altre parole, se non possedete un dispositivo Atmos-compatibile riceverete semplicemente il segnale audio Dolby originale.
Sui sistemi home theater abbiamo descritto il tipico sistema surround tradizionale a cinque canali, tre anteriori e due posteriori, più subwoofer per le basse frequenze: una configurazione costosa, piuttosto ingombrante che, oltre ai diffusori, necessita di un’unità centrale denominata sintoamplificatore. Quest’ultimo, dal costo aggiuntivo non indifferente, è un dispositivo altamente configurabile, caratteristica ideale per smanettoni e appassionati audiofili.
L’opzione soundbar, meno impegnativa e facile da configurare
Meno impegnativa è invece la scelta di una soundbar, di facile configurazione e solitamente reperibile anche a prezzi piuttosto contenuti con risultati pregevoli per chi cerca un salto qualitativo rispetto agli speaker della TV. Questo sistema cerca di “ingannare” l’orecchio con soluzioni virtuali che si affidano a effetti di riverbero e ritardi audio così come il rimbalzo delle onde sonore sulle pareti della stanza. A parità di fascia non può competere con un vero impianto di surround e per ambire a un range dinamico adatto per l’ascolto della musica è necessario orientarsi verso prodotti a partire dalla fascia media, che offrono la possibilità di accoppiare due satelliti posteriori, come vedremo più avanti.
Il sistema home theater non ha mai trovato terreno fertile nel mercato di massa e, soprattutto in Italia, è sempre stato un prodotto di nicchia. Lo dimostra il fatto che, prima dell’avvento dei servizi di streaming, la stragrande maggioranza dei supporti ottici in lingua straniera venivano distribuiti nel nostro Paese con supporto 5.1 Dolby/DTS Surround in originale, mentre al doppiaggio era affidato il semplice formato stereo.
I classici impianti posizionali, se da un lato per ragioni fisiche continuano a fornire la miglior risposta in termini di fedeltà, dall’altro amplificano ulteriormente (scusate il gioco di parole) le storiche problematiche, che escludono l’utenza meno smaliziata al di fuori della cerchia audiofila. Per non parlare dei costi decisamente proibitivi, se si vuol avere un prodotto quantomeno decente, da sommare alle spese di un’ottima TV e dispositivi esterni come una console.
Le generazioni nate dopo il 1990, non avendo vissuto il periodo d’oro (anche in termini commerciali) dell’acustica high-fidelity, non sembrano molto interessate a investire in impianti audio di qualità, optando eventualmente per cuffie over ear di fascia medio/alta.
Tra i principali responsabili di questa crisi non possiamo non includere anche l’industria hi-tech e le sue perenni guerre intestine, che hanno generato nella fattispecie una pessima gestione degli standard di trasmissione, specifiche HDMI in primis: la moltitudine d’implementazioni audiovisive introdotte senza un reale criterio, ha messo in seria difficoltà gran parte dell’utenza. Ma anche i principali costruttori come Denon, Marantz e Yamaha sono andati incontro a problematiche: basti ricordare il caos dei primi sintoamplificatori HDMI 2.1-ready dello scorso autunno.
Chi non ha mai avuto problemi nell’acquisto di un cavo HDMI di qualità?
In questo scenario non proprio edificante, i sistemi soundbar, grazie alla loro semplicità d’uso, combinata a prezzi aggressivi e ambizioni rinnovate in termini prestazionali, sono riusciti a scrollarsi di dosso l’appellativo di soluzione di ripiego. E, contro ogni aspettativa, stanno diventando il sistema più diffuso per l’audio 3D.
Se avete dubbi in merito, provate a cercare dispositivi Atmos nei principali shop online e vedrete quanto sia variegato il catalogo soundbar e quanto sia limitata l’offerta a diffusori. Cerchiamo quindi di capire perché le soundbar rappresentano oggi la miglior soluzione per rendere l’esperienza home theater appetibile per il mercato di massa, focalizzando la nostra attenzione sull’immersivo sonoro tridimensionale.
Per generare una cupola sonora in un sistema puramente posizionale è necessario acquistare due o quattro altoparlanti satelliti aggiuntivi, installarli sul soffitto e farvi arrivare i relativi connettori. Per chi cerca un impianto 3D puntando sulla verticalità sonora, questa è l’unica soluzione senza compromessi. Se non avete problemi a metter mano al portafogli e a fare quattro buchi sul soffitto, se vivete in un’abitazione isolata o in un condominio tollerante e se il vostro soggiorno ha una giusta conformazione per ospitare un range dinamico di tutto rispetto potete tranquillamente optare per questa configurazione e, molto probabilmente, non è necessario per voi proseguire con la lettura.
Per la stragrande maggioranza invece, la scelta ricade con ogni probabilità su di una configurazione ibrida molto simile a quanto analizzato in precedenza con il surround delle soundbar. Ma, anche in questo caso, è comunque inevitabile l’acquisto di due/quattro ulteriori satelliti, appositamente inclinati per “sparare” l’audio verso l’alto e posizionati sopra le casse surround.
Basta così? Nient’affatto, perché se avete un sintoamplificatore vecchio di qualche anno o avete acquistato un prodotto più recente al di sotto della fascia media, difficilmente troverete la compatibilità col Dolby Atmos. Facciamo adesso due conti: considerando che una coppia di altoparlanti Atmos decenti da 100W arriva a costare intorno ai 250 euro e che un sintoamplificatore Atmos-compatibile di fascia media costa circa 450 euro, il solo aggiornamento per avere un suono tridimensionale virtuale verrebbe a costare circa 700/950 euro, pur conservando buona parte del vecchio impianto.
Un sistema Atmos virtuale perde performance in verticalità rispetto ai diffusori attaccati al soffitto, un degrado che potrebbe non conciliarsi con la spesa sopracitata. Ma se avete proseguito con la lettura evidentemente siete nell’ottica di valutare una soluzione con qualche compromesso.
Lo abbiamo detto più volte, le soundbar nascono come soluzione mediana tra speaker TV e sistema surround 5.1. Non solo in termini qualitativi, ma anche di semplicità d’uso: i costruttori hi-tech avevano infatti sempre sacrificato le performance sonore in favore di un sistema compatto e dal setup immediato (poco oltre il semplice plug-and-play).
Negli ultimi anni il mercato è cambiato e, con qualche spesa di poco superiore, le soundbar si sono trasformate in kit Home Theater completi, evolvendosi, in termini costruttivi, per riprodurre un suono ideale all’interno di un classico ambiente casalingo. Non fatevi ingannare dal retorico slogan “portare l’effetto cinema in casa”. L’effetto cinema beh… deve restare al cinema e talvolta un sistema audio potente potrebbe non essere sfruttato al meglio all’interno di uno spazio di 20/25/30 metri quadri o richiedere una calibrazione da tesi di laurea, che non sarà mai ideale per un approccio misto (musica/film/videogiochi/sport).
Un problema storico delle soundbar era legato alla riproduzione dei dialoghi con o senza il canale centrale, un punto debole facilmente riscontrabile alle basse frequenze come le voci maschili, poco chiare e sibilanti. Le tecnologie acustiche odierne studiate e implementate sulle soundbar si sono maggiormente concentrate su un modello audio uniforme e ben bilanciato per ambienti domestici, restringendo fortemente il gap con il set di diffusori anteriori grazie a implementazioni provenienti dai laboratori dei giganti hi-tech in ambito televisivo: tecnologie come Meridian di LG o Acoustic Beam di Samsung, ad esempio, che lavorano in simbiosi con le rispettivi apparecchi TV o gli ecosistemi di Sonos, azienda leader nel settore audio hi-fi wireless.
A differenza del settore televisivo infatti, in cui gli algoritmi servono per creare una sorta di cosmesi, volta a nascondere alcuni limiti di costruzione, l’hardware acustico lavora a stretto contatto con soluzioni software per progettare una vibrante e immersiva esperienza sonora. Il risultato finale rivela una sorprendente dinamica e audio cristallino, risolvendo anche il problema della riproduzione vocale, senza fischi, sibili e distorsioni, per un’esperienza in fascia media non così distante da una dignitosa soluzione posizionale 3.1.
Il mercato soundbar offre oggi dispositivi aggiuntivi wireless, per mantenere il concetto di compattezza e poco ingombro. A partire dal subwoofer, essenziale per controbilanciare la ridotta profondità dei suoni in bassa frequenza dovuta alle dimensioni della barra. Ideale sarebbe anche una coppia di satelliti per creare un vero sistema surround posizionale. Sui prodotti di fascia media è possibile dilazionare la spesa con sistemi che permettono di acquistarli anche separatamente.
E per il sonoro 3D? Non serve altro nei sistemi Atmos-compatibili, grazie a speaker inclinati verso l’alto integrati nella barra e nei satelliti. Niente dispositivi aggiuntivi, niente cavi e niente ingombro. Questo apre a uno scenario particolarmente affascinante: lo studio della diffusione acustica immersiva si concentrerà principalmente su soluzioni compatte, di facile utilizzo e non invadenti. Meno hardware, meno compromessi, concorrenza agguerrita e conseguenti prezzi in diminuzione. E, perché no, con uno sguardo rivolto all’estetica, dato che non a tutti piace avere un soggiorno che somiglia ad uno studio di registrazione.
Vi ho convinto? Allora restate sintonizzati, poiché a breve seguirà un consiglio per gli acquisti delle migliori soundbar sul mercato per tutte le fasce di prezzo.
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Grande, Jacopo! Articolo splendido e non vedo l’ora di quello sui consigli per gli acquisti di una soundbar. Sto mettendo su casa e ho bisogno di dritte per la sala da gaming che ho intenzione di realizzare! <3
Grazie Luca, mi fa piacere che ci siano persone cha abbiano capito il senso dell’articolo. Ho deciso di approfondire questo argomento e di scrivere proprio perché molte (molte) persone mi contattano per avere consigli per una buona soluzione audio, pur non potendo permettersi (economicamente/strutturalmente) un impianto 5/7/9.1, dallo studente fuori sede al padre di famiglia. Ho avuto anch’io i miei pregiudizi ma, a mente aperte, ho potuto constatare come le nuove soluzioni soundbar non siano più un semplice upgrade agli altoparlanti TV. Non ho mai sopportato alcuna forma di elitarismo. Alla prossima per i consigli!